Esteri. La Libia studia il sistema della Regione Sicilia

<strong>Esteri</strong>. La Libia studia il sistema della Regione Sicilia

Last updated on Ottobre 1st, 2012 at 04:33 pm

Regione Sicilia

La notizia è carina: in Libia ha vinto la ribellione della Cirenaica, che però ora vuole separarsi da Tripoli e chiede l’autonomia amministrativa e politica. Quando c’era Gheddafi la Libia era unita, ma cacciato lui si profila una spaccatura in tre: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan. E per trovare una soluzione stanno studiando il sistema della Regione Sicilia, non solo perché è vicina, ma perché è a statuto autonomo speciale sancito nella Costituzione.

Uno Stato come quello libico che galleggia su un mare di petrolio e di metano e potrebbe soddisfare in abbondanza la sua popolazione di appena sei milioni di abitanti, quasi quanto la Sicilia (che ne ha 5 milioni) ora è dilaniato da interessi contrapposti perché tutti vogliono una fetta del potere lasciato dal defunto e assassinato raìs. E dire che il leader del Cnt (Comitato nazionale transitorio), il sessantenne Mustafa Abdel Jalil, è un cirenaico, ma la sua gente lo considera un «traditore», mentre prima era un «eroe». Nel primo anniversario della rivolta, il 17 febbraio, alle celebrazioni di Bengasi Jalil non ci andò per paura di attentati, anche perché in gennaio il suo ufficio a Bengasi era stato attaccato e lui era stato costretto a fuggire dalla finestra. Ora ha invitato i rivoltosi della Cirenaica a calmarsi, «altrimenti dovrò usare la forza». Insomma, si prospetta una guerra fratricida perché manca un governo centrale autorevole: non c’è più Gheddafi e non c’è più l’Onu a fare da gendarme.

Il «Corriere della sera» in un articolo di Lorenzo Cremonesi ricorda che la Libia dal 1951 al 1963, prima della rivoluzione di Gheddafi contro re Idris nel ’69, era divisa in tre regioni autonome: c’era la Tripolitania, che pur avendo una estensione minore rispetto alle altre due, era il centro degli affari; poi c’era la Cirenaica ribelle da sempre perché trascurata («Il lungomare di Tripoli – realizzato dagli italiani – è pulito e punteggiato di palme ben curate, quello di Bengasi è una fogna»), e infine il Fezzan, uno scatolone di sabbia controllato dalle tribù e punteggiato dalle trivelle petrolifere.

Basterebbe poco per sanare la situazione. Con tutto il petrolio che esiste sul territorio, ciascun libico potrebbe vivere negli agi, a patto che le risorse fossero distribuite adeguatamente e non ci fossero capi e sottopancia ad intascare mazzette dalle Compagnie straniere. Gheddafi sbagliò a non diffondere ricchezza nel suo popolo e venne travolto dalla «primavera araba». Adesso i capi di questa «primavera» si stanno accapigliando perché ancora non vedono i frutti concreti della loro vittoria.

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