Isole dello Stagnone, paradiso per tutti

<strong>Isole dello Stagnone</strong>, paradiso per tutti

È uno dei luoghi in cui la bellezza della natura si coniuga a meraviglia con la storia, l’archeologia e l’economia. È la riserva naturale «Isole dello Stagnone», un autentico paradiso naturale di fronte la costa nord marsalese.

Saline di Trapani e PacecoTra terraferma e mare, ci sono le saline. Nel tratto tra le contrade Spagnola e Ettore Infersa quelle realizzate, intorno al 1500, dal nobile marsalese Grignani e acquisite, nel 1824, dagli avi degli attuali proprietari, i D’Alì Staiti di Trapani, che qualche anno fa hanno restaurato gli antichi mulini che pompavano l’acqua del mare da una vasca all’altra e realizzato un museo del sale. Un po’ più vicino alla città le ex saline Lazzara.

Laguna dai fondali bassi, lo Stagnone, che a dispetto del nome è mare (e che mare: il tasso di salinità delle sue acque è secondo soltanto al mar Nero), si estende per oltre duemila ettari tra capo Boeo e punta San Teodoro, con l’Isola Lunga a far da parziale diga per sette chilometri su tredici. All’interno della laguna tre isolette: Santa Maria, San Pantaleo, più nota come Mothia, importante colonia fenicia tra l’VIII e il IV secolo a. C., e Schola, il cui nome, pare, è dovuto alla presenza, in epoca romana, di una scuola di retorica dove insegnò anche Cicerone, che a Marsala (allora si chiamava Lilybeo) fu questore per due anni.

La riserva
La riserva, istituita dalla Regione nel 1984 per tutelare la «flora alofila e le associazioni vegetali legate all’ambiente salmastro», è un habitat di grande interesse naturalistico. Ricca di flora e fauna, ospita numerose specie di uccelli stanziali e migratori, tra i quali germani reali, aironi, martin pescatori, cavalieri d’Italia, fratini, fraticelli e gli splendidi fenicotteri, che vi sostano nei loro spostamenti stagionali tra l’Europa e l’Africa.
L’elevata salinità delle acque ha visto svilupparsi, probabilmente già al tempo dei fenici, l’attività di raccolta e lavorazione del sale. Dal settecento in poi, anche sull’Isola Lunga, che fino a tre secoli fa erano tre isole, poi collegate tra loro proprio dalle saline. Adesso, in parte abbandonate. Ma che comunque costituiscono un affascinante esempio di archeologia industriale.
A proposito di archeologia, il luogo di maggior richiamo turistico è l’isola di Mothia, scelta dai fenici per la sua posizione, sulla punta occidentale siciliana, strategica per i commerci marittimi. Per questo, ben presto divenne una delle più floride colonie fenicie d’Occidente. A distruggerla, nel 397 a. C. fu l’esercito di Dionigi, tiranno di Siracusa. I pochi fuggirono verso Capo Boeo, dove assieme agli abitanti del luogo diedero vita all’attuale Marsala.
Ai primi del ‘900, a scoprire che l’isola di San Pantaleo era l’antica Mothia fu Joseph Whitaker, discendente di una famiglia inglese che a Marsala aveva fatto fortuna con il vino con la passione per l’archeologia. Gli scavi riportarono alla luce i resti dell’antica e florida colonia fenicia, ogni anno visitati da decine di migliaia di turisti provenienti da ogni angolo del mondo.
Da circa trent’anni i turisti sono attirati anche dal fascino della statua in marmo di fattura greca del Giovinetto (o Auriga), che dopo una lunga trasferta all’estero – prima è stata esposta al British Museum in occasione delle Olimpiadi di Londra e poi al “Paul Getty Museum” di Malibù, che alla Sicilia ha restituito la Venere di Morgantina – tornerà a casa a fine agosto.

Il Giovinetto
Intanto, in base agli ultimi studi, un’equipe di archeologi è giunta alla conclusione che la statua, che pare sia un’opera di un allievo di Fidia, raffigurebbe Alcimedonte, capo mirmidone greco, figlio di Laerce, ricordato da Omero nei libri XVI e XVII dell’Iliade e descritto come un ottimo auriga che guidò personalmente il carro di Achille, trainato dagli immortali destrieri Balio e Xanto, fuori dal terribile scontro accesosi per la contesa del corpo di Patroclo, ucciso da Ettore.
Il reperto, rinvenuto nel corso di scavi nella zona nord-orientale di Mothia nel 1979, è stato richiesto anche dal museo di Cleveland. La Regione, però, ha detto «no». Probabilmente, per evitare ulteriori polemiche sorte ad ogni lunga trasferta della principale attrattiva dell’isola dello Stagnone.
La laguna è anche campo di gara per gli appassionati di kite-surf. Proprio a fine giugno vi si è svolta l’unica tappa italiana dei campionati mondiali. Un evento organizzato per ampliare la gamma di turisti, che nei ristoranti lungo la costa possono gustare il meglio dell’enogastronomia locale. Il lungomare, infine, è l’ideale per chi vuol fare footing respirando l’aria salmastra e ascoltando l’alito del vento.

Scrivi un commento da Facebook

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *