Elezioni, sventola bandiera dell’indipendenza con “Siciliani Liberi”

Elezioni, sventola bandiera dell’indipendenza con “Siciliani Liberi”

(Massimo Costa) L’ora della semplice denuncia, care sorelle e fratelli Siciliani, ormai è finita. Sono ormai quasi cinque anni che denunciamo le malefatte dei più traditori e servili governi che la Colonia Sicilia abbia mai avuto in questi 70 anni. Abbiamo denunciato e denunciamo, con una difficile opposizione extraparlamentare, senza mezzi, giornali, sedi, pubblicità, ma solo con la forza della volontà di centinaia, se non migliaia, di Siciliani che fanno attivismo nel territorio, sui social, nelle conferenze di paese o nel tam-tam quotidiano.

Abbiamo fatto resistenza – non solo noi “Siciliani Liberi” s’intende – in tutti i modi possibili, ma è ora di passare ai fatti e di riprenderci la Sicilia.

Chi ci segue e ci ha seguito non ci perdonerebbe un eterno “stare alla finestra”, per poi denunciare, magari sterilmente, per altri 5 anni “quello che si potrebbe fare”.

E’ ora che i Siciliani veri si contino. E’ ora che escano dalle loro case e vedano di che cosa sono capaci. Abbiamo ora la possibilità di incidere, e lo faremo. Non possiamo stare a guardare. Mentre scrivo queste note, in qualche cassetto è chiuso un accordo “Stato-Regione”, un nuovo decreto attuativo in materia finanziaria che nessuno ancora può leggere, che nessuno conosce, ma che certamente stravolge lo Statuto, lo piega all’arroganza dello Stato, umilia la Sicilia e la condanna per sempre al sottosviluppo.

Lo Stato si appropria, con un tratto di penna, del 30 % delle principali imposte (a quel che si dice) promettendo un’attuazione dell’art. 37 dello Statuto che già è, formulata ancor meglio che nello Statuto, nell’art. 4 del vecchio decreto attuativo del 1965. A fronte di questo regalo allo Stato nessuna funzione passa di nuovo dalla Regione allo Stato. Lo Stato si appropria di queste risorse e basta, non indicando con quale copertura finanziaria (se non con generici tagli e tasse) la Regione dovrebbe far fronte a questo ammanco strutturale. Venduto come “vittoria della Sicilia”, addirittura come “attuazione dell’Autonomia” si sta consumando sulla nostra testa il più grande tradimento della nostra storia recente, con il quale alla Sicilia resterà il peggio delle regioni a statuto speciale e di quelle a statuto ordinario.

L’indipendenza ormai non ha alternative. Ma quale dev’essere la strategia? Quale strada per raggiungere l’obiettivo nel più breve tempo possibile?

La soluzione non può venire dai partiti italiani, da nessun partito italiano. Non possiamo né sostenere né apparentarci con chi deve la propria carriera politica ad una segreteria romana e TACE, TACE, TACE, vigliaccamente, perché ha paura che se dice, anche sottovoce, qualcosa in difesa della sua Terra, rischia di essere buttato fuori dal partito e mai più ricandidato. No, amici, i “politici” siciliani degli altri partiti per me sono solo camerieri. Quando sarà il momento parleremo con i loro padroni che li manovrano come burattini.

La Sicilia non può affidare le proprie sorti ai tre schieramenti “nazionali” italiani. Sarebbe l’ennesima occasione perduta. E’ uno sbaglio che facciamo da 155 anni, perché continuare a farlo?

La Sicilia ha bisogno di un QUARTO POLO, ESCLUSIVAMENTE SICILIANO, coeso intorno ad alcuni valori minimi di difesa della Sicilia.

Attenzione! Non è la “chimera” della “Confederazione di tutti i sicilianisti”, alla quale non siamo affatto interessati. E’ una cosa completamente diversa. Per quel che riguarda il mondo dell’indipendentismo, esso è ormai quasi tutto raccolto dentro Siciliani Liberi, che ha spostato in avanti di molto, in quest’ultimo anno, i confini dell’indipendentismo nella società siciliana. Quel pochissimo che è rimasto fuori da “Siciliani Liberi”, e che ha – beninteso – tutto il nostro rispetto, che non sia naturalmente “fiancheggiatore” dei suddetti tre schieramenti, se non si è unito con noi sino ad ora, non lo farà e forse è bene che non lo faccia oltre. Ognuno mantenga la propria soggettività. Ma non è a loro che ci dobbiamo rivolgere, o comunque non in prima battuta, anche perché – senza che nessuno si offenda – è chiaro che questo non sposterebbe di molto il consenso necessario a vincere, anzi forse lo restringerebbe, dando una connotazione troppo settaria o etnica allo schieramento.

Il quarto polo deve essere uno schieramento politico che accomuni “non” i “sicilianisti”, bensì i “siciliani”, di qualunque estrazione politica, purché riconoscibilmente democratica. Oggi esistono centinaia di associazioni, di liste civiche, di movimenti della società civile, che non potranno mai da sole scardinare l’attuale sistema di potere, e che non possono al contempo rivolgersi ai tre schieramenti “italiani” esistenti.

Noi indipendentisti ci proponiamo da “collante” per questo mondo, che sappiamo essere maggioritario in Sicilia. La nostra questione “istituzionale”, quella dell’indipendenza, sappiamo essere magari non condivisa ancora da tutti. E proprio per questo non vogliamo arroccarci in una testimonianza purista. Mettiamo a disposizione la nostra forza, la nostra presenza in tutta l’Isola, con la dovuta umiltà, per costruire uno schieramento che abbia i seguenti obiettivi minimi:

1. Mandare a casa per sempre l’attuale classe politica coloniale collaborazionista;

2. Regionalizzare l’agenzia delle entrate e rimettere in discussione i decreti attuativi appena approvati per dare alla Sicilia la piena sovranità fiscale con la possibilità di manovrare liberamente i propri tributi;

3. Dotare la Sicilia di una moneta complementare, “regionalizzando” al contempo la vigilanza sui settori bancario, assicurativo e finanziario;

4. Mettere al primo posto la difesa del prodotto tipico siciliano, agricolo, ittico, e agroalimentare, dalle politiche europee, AD OGNI COSTO, anche a costo, qualora l’Unione non ci riconosca uno status economico di zona speciale che ci consenta di difenderle, di uscire del tutto dall’Unione, come già fatto da altre regioni insulari europee (c’è il precedente delle Faer Oer, regione a statuto speciale della Danimarca);

5. Sburocratizzare del tutto l’avvio di qualunque attività economica, limitando i controlli “ex ante” al solo comparto della tutela della salute e dell’ambiente;

6. Salvare i redditi e i posti di lavoro esistenti, attuando ridimensionamenti graduali ove necessario, ma non lasciando nessuno senza stipendio, soprattutto nelle categorie del precariato, almeno in attesa che in Sicilia non ci sia un mercato del lavoro in grado di assorbire tutti questi esuberi e soprattutto dare una possibilità di realizzazione ai nostri giovani.

Noi indipendentisti naturalmente non ci fermiamo qui. Per noi questo è solo un punto di partenza per costruire, nei più brevi tempi possibili, uno Stato di Sicilia. Ma soprattutto per una gigantesca riconversione dell’economia siciliana da un modello assistenziale ad un modello di sviluppo competitivo, autopropulsivo, e quindi autosufficiente. Siamo convinti che gran parte della società civile siciliana, la stessa che potrebbe riconoscersi nei punti di cui sopra, arriverebbe spontaneamente all’opzione indipendentista di fronte ad un probabile rifiuto secco, da parte dell’Italia, di ascoltare le nostre ragioni e di mantenerci per sempre con le attuali catene.

Come ottenere tutto questo?

In 4 mosse.

PRIMO. Intanto vinciamo con il NO al referendum. Con il Sì diventa tutto molto più difficile, praticamente impossibile con mezzi democratici ordinari.

SECONDO. Sfidiamo i partiti nazionali nella prossima tornata elettorale amministrativa, dove possibile, ma soprattutto al Comune di Palermo, dove DOBBIAMO ESSERE PRESENTI CON UNA NOSTRA LISTA, pronti ad esprimere un candidato sindaco comune al costituendo quarto polo della società civile, ma pronti, in ogni caso, ad esprimere il “nostro” candidato sindaco. Non possiamo lasciare ad Orlando, o a Ferrandelli o a qualunque altra “vecchia scelta” (si può essere vecchi anche essendo anagraficamente giovani) la gestione della Capitale della Sicilia. Questa volta i Palermitani liberi, come ai tempi del Vespro, devono suonare la campana della riscossa per tutta la Sicilia.

TERZO. Saremo presenti alle regionali con un candidato indipendentista, che sceglieremo accuratamente, anche fuori dal nostro Movimento se sarà necessario, espressione di una convergenza tra le liste e i movimenti civici e quelli apertamente sicilianisti. Parlermo con tutti, promesso, con le uniche seguenti pregiudiziali: no a chi non accetta i canoni della democrazia rappresentativa, no a chi “flirta” con gli schieramenti nazionali, no ai “riciclati”; i “generali senza eserciti”, se ne hanno i requisiti, devono accettare di essere semplici candidati indipendenti senza pretendere di dettare legge come se avessero dietro chissà quali forze. Per il resto abbiamo il dovere di parlare con tutti, e lo faremo. La nostra lista, anche con qualche piccola modifica grafica per tener conto delle candidature indipendenti ospitate, sarà comunque presente, da sola o in coalizione con tutti coloro che possono riconoscersi in questo quarto polo. Se vinceremo, sarà l’inizio di una nuova era per la Sicilia; se comunque saremo indispensabili per una “maggioranza”, la condizioneremo per ripristinare diritti minimi per la Sicilia e per i tanti oppressi di oggi; se saremo all’opposizione, nella peggiore delle ipotesi, finalmente in Assemblea, dopo non so quanti anni, ci sarà un’opposizione, che comunque condizionerà il Governo.

QUARTO. Alle politiche del 2018 presenteremo una lista al Senato, che vincerà, e imporrà ai Governi nazionali il rispetto dei diritti per la Sicilia.

Solo questa ci sembra la strada per salvare la nostra Terra.

Ed è l’ultima chiamata per la Sicilia.

E nessuno può pensare realisticamente di percorrerla senza Siciliani Liberi.

Noi ci siamo, ci saremo, per dare una speranza e una risposta ai Siciliani. Per dare finalmente loro un’offerta politica diversa.

A cominciare dal Comune di Palermo.

Inizia qui la nostra battaglia.

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