Una sera, un comizio e la politica

<strong> Una sera</strong>, un comizio e la politica

Last updated on Dicembre 15th, 2013 at 12:12 pm

La politica è una cosa meravigliosa ma solo in pochi riescono a farla, non servono stelle di arroganza o crocette di passione, l’elettore è come un pesce che abbocca all’amo più appetitoso. Il resto è solo pastura di seconda scelta, non servono cravatte sgargianti o pizzi bianchi sorridenti, serve il verbo, la parola, il sensato fluire di idee, racconti, storia, passione e l’esser vivo!

Le parole della politica

Quando dalla strada l’elettore sente l’erosione della propria sensibile posizione di bilico permanente, non si emoziona e si chiude come una gazania al freddo. E di freddo e di erosione siamo stati colpiti a morte da tempo e dal palchetto degli oratori è facile perdersi nella tormenta. Ma quando c’è il fuori classe, colui che sa e lo dimostra con il semplice coraggio di chi trasmette il proprio pensiero, strumento potentissimo di persuasione, in cui la parola è fluido magico, bisogna fermarsi a riflettere o a parlar con il proprio io dando del tu alle proprie convinzioni e cercando di metterle in difficoltà.

L’oratoria è una delle prime virtù dell’esser uomo della cosa pubblica, l’esperienza, la propria storia, il proprio esser figura nota è servente alla causa ma non è l’unica nota. La nota deve esser in armonia con le altre sue sorelle per render il suono sensato e non scanzonato, ma ai nostri tempi l’esser nota armoniosa è sempre più una virtù che si scontra con sorelle e fratellastri che non seguono la battuta e il tempo del maestro. Vi son molte note buone in pentagrammi stonati.

L’esser uomo speso e spendibile per la nostra terra comporta esser in un momento d’indignazione operosa che porta a sfidar tutto e tutti. La parola, la cadenza fonetica, il coinvolgimento degli interlocutori è una forza magmatica che trascende ogni colore o credo partitico ma ti rapisce e se siamo terra di fuoco e fiocco di neve lo si comprende solo o grazie al ragionamento.

E se citi Einaudi o lo scrittore tedesco e fai tue le loro parole per esprimere che il giusto è giusto e lo sbagliato è sbagliato ti ascolto perché oltre alle parole mi regali contenuti, perché se la mediocrità è lo standard attuale io elettore mi giro e ti volto le spalle. Io non sono per  l’esser limpido come l’acqua, io non ci sto per esser il nuovo che ci tenta, io non ci sto a esser il votato dai miei concittadini, io non ci sto  ai saluti organizzati per  l’elettorato dalle ore x alle ore y, io non ci sto a con chi dice di esser differente. Se io sono elettore tu devi essere candidato, politico, scatola di contenuti, devi comunicare, devi farti capire.

E se vuoi l’espressione fattiva del mio diritto al voto non puoi cavalcar il cavallo con tante selle dell’acqua pubblica o la mancanza della capacità progettuale. Tu devi esser voce, forza del cambiamento senza parlar delle solite battaglie vinte.

Il tiglio non nasce per caso, il mulino a vento non è  sorto dal nulla, tra il dire e il fare, anzi tra quello che si dice e non si fa c’è di mezzo la coerenza, che qui non è pianta che attecchisce. E poi ti trovi a sentir colui che il Sindaco lo sa fare e scopri che la politica, il politico è un’altra cosa, la persona identifica le qualità d’esser politico e non solo il tuo bacino di voti. La politica è una cosa meravigliosa ma qui stiam perdendo il concetto di meraviglia e di politica. Non accontentatevi, non chiudete naso, bocca e orecchie nella cabina elettorale, votate liberamente, votate riflettendo, votate il cambiamento poiché il cambiamento sarà il vostro nuovo modo di votare, scevro da ogni clientelismo, libero da ogni vincolo lavorativo.

Ognuno ha quello che si merita, rifletti su gli ultimi 10 anni e domandati io merito quello che ho? Cambia, il cambiamento non parte dal cambiar candidato ma dal tuo modo di votar. Non svuotiamo, oltre che il senso della parola politica, il significato del voto. Cambia per cambiare ma non cadere nel qualunquismo cosmico! Il vivere condizionati e nell’incertezza  porta all’implosione della democrazia, l’astensionismo virale!

 

Alfonso Fiumarella

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