Favara, città dell’Agnello Pasquale e città De.Co.

<strong>Favara</strong>, città dell’Agnello Pasquale  e città De.Co.

A Favara durante il periodo pasquale si svolge ogni anno la “Sagra dell’Agnello Pasquale”, dedicata al dolce tipico di pasta di mandola farcito di pistacchio, a forma di Agnello.
Il prodotto dolciario, gustato, conosciuto ed apprezzato in Italia ed all’Estero. Dallo scorso mese di Aprile, si arricchisce di una nuova iniziativa legata alla De.Co. (Denominazione Comunale) grazie alla lungimiranza degli amministratori locali.

Favara: città dell’Agnello Pasquale  e città De.Co.

Il gruppo di lavoro della Libera Università Rurale Saper&Sapor Onlus, sulla De.Co Sicilia, ha elaborato un format per il riconoscimento dei prodotti De.Co. attraverso il percorso della programmazione partecipativa “GeniusLoci De.Co Sicilia”.

Noi ci ispiriamo a un modello di De.Co per la Sicilia, che valorizza il Km zero, ma soprattutto, a burocrazia zero e chiaramente a costo zero, per le aziende, per le istituzioni e per i cittadini, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenzache rappresentano la vera componente innovativa.

L’agnello pasquale, dolce tipico favarese, trova fondamento in una tradizione abbastanza antica e a noi sconosciuta.
Fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ne fa un lacunoso accenno il barone Antonio Mendola, ma l’uso di questo dolce era ancorato ad una tradizione esclusivamente familiare e non poteva assolutamente gareggiare, per preferenza e quantità, con i frutti di martorana ed i cannoli, molto apprezzati oltre cento anni addietro dai favaresi, principalmente per Natale e Pasqua.
L’agnello pasquale, preparato con pasta reale a base di mandorle, ripieno di pasta di pistacchio e finito con velo di zucchero e decorazioni, è rimasto un dolce strettamente artigianale e familiare fino alla seconda metà del 1900.
Questo dolce è stato assaggiato il 12 maggio 1923, da mons. Giuseppe Roncalli (1881-1963 – eletto Papa Giovanni XXIII il 28-10-1858), quando, essendo in visita ad Agrigento, dovendo rientrare a Roma, il canonico Antonio Sutera volle accompagnarlo fino a Caltanissetta e, passando per Favara, insieme si fermarono nella sua residenza di via Umberto per prendere un caffé e, per l’occasione, assaggiare questo dolce favarese preparato da suor Concetta Lombardo del collegio di Maria.

Il dolce venne talmente apprezzato da mons. Roncalli, al punto tale che a 40 anni esatti dalla visita ad Agrigento-Favara, precisamente l’11 maggio 1963, ricevendo il nuovo Vescovo ausiliare di Agrigento, mons. Calogero Lauricella, accompagnato per l’occasione, dal teologo Antonio Sutera, studente all’ateneo di Roma (nipote del canonico Antonio Sutera), Papa Giovanni XXIII volle ricordare due cose in particolare: la visita effettuata ai templi di Agrigento e il gusto particolare dell’agnello pasquale, consumato a Favara.

Il canonico Sutera, quando era direttore diocesano delle pontificie opere missionarie e rettore del seminario di Agrigento più volte ha omaggiato mons. Roncalli di questo squisito dolce favarese e successivamente, riprendendo una vecchia e nobile tradizione, anche il Movimento Giovanile Studentesco di Favara, il cui promotore era il sac. Antonio Sutera (nipote del suddetto canonico), a quell’epoca rettore della chiesa del Rosario di Favara. Di quanto detto ne è riprova una lettera della Segreteria di Stato del 18 aprile 1966, con la quale l’eletto cardinale sostituto mons. Angelo Dell’Acqua comunicava a mons. Sutera che Papa Paolo VI voleva ringraziarlo per l’invio dell’agnello pasquale (v. foto).
Nel novembre 2004, in occasione di un incontro di Papa Giovanni Paolo II con alcuni disabili sono stati portati alcuni doni e, fra questi, anche un agnello pasquale di Favara.

La Denominazione Comunale è un concreto strumento di marketing territoriale, ma è soprattutto un’importante opportunità per il recupero e la valorizzazione delle identità locali. L’Italia, è il “paese dei Comuni”, ognuno di essi è un’occasione, di turismo, di cultura, di sapore… di unicità.

Si tratta in effetti di un sistema che vuole difendere il locale rispetto alfenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e sapori .
In seguito alla legge 8 giugno 1990, n. 142, i Comuni, in base al principio del decentramento amministrativo, possiedono la facoltà di intervenire in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali.

Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali (Dlgs. n. 267/2000).
In virtù di tale riferimento normativo, il Comuneviene individuato e definito quale “l’Ente Locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gliinteressi e ne promuove lo sviluppo, il progresso civile, sociale ed economico”.
Per garantire la sostenibilità di una De.Co. occorrono tuttavia due principi, la storicità del prodotto da promuovere, perchè si eviti improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali. e la De.Co. come espressione di un patrimonio collettivo e non a vantaggio di una singola azienda.

 

Nino Sutera

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