Papa Francesco: «Cercate la verità, la bontà e la bellezza»

<strong>Papa Francesco</strong>: «Cercate la verità, la bontà e la bellezza»

Questa volta i retroscena li ha svelati il Papa stesso. Nell’incontro di questa mattina con gli operatori della stampa e i loro famigliari nell’aula Paolo VI, Papa Francesco ha raccontato a sorpresa i momenti che hanno portato alla sua elezione durante il conclave.

Papa Francesco
Papa Francesco

Dopo le tante ricostruzioni della stampa, ecco la versione del protagonista, Bergoglio. Non parla di numero di voti o rivali, ma spiega il perché della scelta del nome, una scelta programmatica, simbolica.

E il Papa ci tiene a spiegarla subito a tutti. Alzando gli occhi dal discorso preparato, sorride e racconta: «Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico. Quando la cosa stava diventando un po’ “pericolosa”, lui mi confortava». Dice che quando il suo nome raggiunge la fatidica soglia del 77 voti, scoppia l’applauso tra i cardinali. L’amico Hummes lo abbraccia, lo bacia e gli sussurra: «Non dimenticarti dei poveri».

«Subito in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi», continua Bergoglio: «Poi ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. L’uomo che ama e custodisce il Creato, in questo momento in cui noi abbiamo con il Creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!».

I giornalisti applaudono e ridono quando, con molta ironia racconta che un Cardinale gli si è avvicinato suggerendogli il nome di Adriano, «perché Adriano VI è stato un grande riformatore». Un altro gli fa il nome di Clemente, «così ti vendichi di Clemente XIV che chiuse l’ordine dei Gesuiti». Anche il Papa sorride.

Appena prima il Pontefice aveva ringraziato gli oltre cinquemila operatori che dalle dimissioni di Benedetto XVI, l’11 febbraio, hanno seguito le vicende della Chiesa in questo periodo inteso: «Avete lavorato, eh? Avete lavorato!». Il tono è amichevole ma quella che segue è una lezione di ecclesiologia e di giornalismo. «Un ringraziamento speciale rivolgo quindi a voi per il vostro qualificato servizio dei giorni scorsi in cui gli occhi del mondo cattolico e non solo si sono rivolti alla Città Eterna, in particolare a questo territorio che ha per “baricentro” la tomba di san Pietro». Papa Francesco ringrazia soprattutto chi è riuscito a osservare e raccontare gli eventi degli ultimi giorni nella giusta prospettiva in cui devono essere letti, «la prospettiva della fede».

«Gli avvenimenti della storia chiedono quasi sempre una lettura complessa, che a volte può anche comprendere la dimensione della fede», spiega il Papa: «Gli eventi ecclesiali non sono certamente più complicati di quelli politici o economici! Essi però hanno una caratteristica di fondo particolare: rispondono a una logica che non è principalmente quella delle categorie, per così dire, mondane, e proprio per questo non è facile interpretarli e comunicarli ad un pubblico vasto e variegato. La Chiesa, infatti, pur essendo certamente anche un’istituzione umana, storica, con tutto quello che comporta, non ha una natura politica, ma essenzialmente spirituale: è il Popolo di Dio. Il Santo Popolo di Dio, che cammina verso l’incontro con Gesù Cristo».

Francesco prosegue sottolineando che è Cristo stesso il Pastore della Chiesa, egli usa della libertà degli uomini per scegliere suo Vicario, il successore di Pietro. «Ma Cristo è il centro, il riferimento fondamentale, il cuore della Chiesa. Senza di Lui, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragion d’essere». Poco dopo accosta la professione giornalistica al compito della Chiesa: «Il vostro lavoro necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza; e questo ci rende particolarmente vicini, perché la Chiesa esiste per comunicare la Verità, la Bontà e la Bellezza “in persona”. Dovrebbe apparire chiaramente che siamo chiamati tutti non a comunicare noi stessi, ma questa triade esistenziale che conformano verità, bontà e bellezza».

Il momento dei saluti con alcuni rappresentati della stampa è informale, il Papa è in piedi e parla con ciascuno. Alcuni di loro, quelli che lo conoscevano già da cardinale, non esistano ad abbracciarlo e baciarlo come si abbraccia e si bacia un amico. C’è padre Lombardi, della Sala stampa vaticana, Giovanni Maria Vian, dell’Osservatore romano, Tarquinio di Avvenire e Dino Boffo di Tv2000. Ma anche rappresentanti della stampa “laica” di tutto il mondo, che si avvicinano stringendogli semplicemente la mano. Una giornalista argentina gli dona un mate, per bere la tipica bevanda nazionale. Un giornalista cieco sale con il cane guida, e papa Francesco accarezza anche la bestia, quasi fosse il lupo di Gubbio…

Ma il finale è una nuova sorpresa. L’aula Nervi torna in silenzio, Bergoglio riprende a parlare in spagnolo. E con la sua voce dolce ma decisa dice: «Vi avevo detto che vi avrei dato di cuore la mia benedizione. Dato che molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica, altri non sono credenti, imparto di cuore questa benedizione, in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio. Che Dio vi benedica». Il silenzio, ancora. E il rispetto della coscienza di ognuno. È il Papa del silenzio, Francesco, della povertà, della pace. Insomma un vero cristiano.

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