Oltre ai 26 già presenti se ne aggiungono atri 7 per un totale di 33, che la Sicilia fosse una terra ricca di biodiversità e ottimi prodotti agroalimentari ne siamo certi ma che i Presidi arrivassero a 33 é risultato davvero unico, distacca il Piemonte con 27 e la Toscana con 19.
I Presidi Slow Food sono esempi di un modello che si basa sulla qualità, sul recupero dei saperi e delle tecniche produttive tradizionali, sul rispetto delle stagioni, sul benessere animale. Rafforzano le economie locali e favoriscono la costituzione di un’alleanza forte tra chi produce e chi consuma. I loro prodotti riportano in etichetta o sulle confezioni il contrassegno “Presidio Slow Food”, che li identifica e garantisce che i produttori hanno sottoscritto un disciplinare di produzione improntato al rispetto della tradizione e della sostenibilità ambientale.
Carciofo spinoso di Menfi
Le campagne di Menfi sono indiscutibilmente il territorio a maggiore vocazione carcioficola della Sicilia: il carciofo si coltiva su oltre 600 ettari, di cui solo 10 sono riservati al tradizionale “spinoso di Menfi”. Un tempo questa varietà era l’unica coltivata in tutta l’area poi, dall’inizio degli anni Ottanta, il mercato ha reso disponibili varietà più produttive in grado di diversificare il mercato e ampliare il calendario di raccolta. Lo spinoso vanta una qualità eccellente e un alto contenuto di lignina, che consente una migliore cottura e conservazione. Il Presidio nasce per sostenere un gruppo di agricoltori e aiutarli ad affermarsi anche grazie alla produzione di sottoli.
Area di produzione: comune di Menfi, Selinunte, Castelvetrano, Partanna, Montevago, Santa Margherita Belìce, Sciacca e Sambuca di Sicilia (province di Trapani e Agrigento)
Cavolo trunzu di Aci
Fino alla fine degli anni Quaranta le “Aci” – prefisso utilizzato per individuare le dislocazioni dell’antica Acireale – rifornivano Catania di eccellenti ortaggi e frutti prodotti sui terreni lavici dell’Etna. Fra i tanti ortaggi il cavolo trunzu (Brassica oleracea var. gongylodes) era uno dei più ricercati. È un cavolo rapa con il bulbo a striature violacee che i terreni ricchi di minerali dell’Etna conferiscono a molti ortaggi locali. Il Presidio nasce per valorizzare questa coltivazione nelle aree storiche sull’Etna e per preservare gli orti rimasti. Grossi centri commerciali e un’urbanizzazione dissennata hanno occupato infatti terreni fertilissimi, lasciando pochissimo spazio alle attività agricole nelle periferie di Catania.
Area di produzione: comune di Acireale e Aci S. Antonio, Aci S. Filippo, Aci Catena, Aci Bonaccorsi
Fagiolo cosaruciaru di Scicli
In siciliano cosaruciaru significa “cosa dolce”, e la dolcezza è una delle particolarità del fagiolo di Scicli, oltre al suo colore caratteristico e alla buccia sottile. Il cosaruciaro è un cannellino color bianco-panna con una macchiolina marrone tendente al rosso intorno all’ilo. I semi di questo ecotipo sono tramandati di generazione in generazione nelle famiglie sciclitane ma, nel tempo, è diventato una coltura sempre più marginale. Con il Presidio, Slow Food intende riunire tutti i produttori in un’associazione e conservare questa piccola biodiversità locale, cercando di avvicinare anche giovani coltivatori.
Area di produzione: comune di Scicli (provincia di Ragusa)
Pomodoro siccagno della valle del Bilìci
Nei piccoli centri dell’entroterra siciliano ancora oggi nessuna famiglia inizia l’inverno senza avere preparato, da sola o in comunità, la propria passata di pomodoro. In particolare, la lavorazione dei pomodori siccagni avviene nel pieno dell’estate e, oltre alla passata, sono lavorati sotto forma di doppio o triplo estratto. I pomodori ideali per questa lavorazione, però, non si trovano più: la coltivazione in asciutta non richiede acqua, ma il raccolto è poco produttivo, e per questo è stata abbandonata. Un produttore di Villalba ha custodito un ecotipo storico e lo il siccagno sul mercato come pomodoro da serbo, essiccato, oppure lavorato come passata e triplo estratto.
Area di produzione: comuni della valle del Bilìci (provincie di Caltanissetta e Palermo)
Alaccia salata di Lampedusa
L’alaccia (Sardinella aurita) assomiglia alla comune sardina ma è più tozza e più grande, e può arrivare anche a 30 centimentri di lunghezza. È presente in grandi banchi nel Mediterraneo meridionale. Un tempo, fresca oppure salata e conservata sottolio, era il principale sostentamento nelle lunghe battute di pesca dei lampedusani che, a partire dalle fine dell’Ottocento, si dedicavano principalmente alla pesca delle spugne. Il Presidio coinvolge l’ultima famiglia di pescatori di Lampedusa, che usano lenti a circuizione, più sostenibili per gli equilibri del mare, e praticano ancora la piccola pesca tradizionale. Il Presidio vuole valorizzare questa tradizione e la conservazione delle alacce, un pesce povero che è disponibile ancora in quantità. Le alacce, una volta pescate sono messe sotto sale e, dopo alcuni mesi di maturazione, sottolio.
Area di produzione: isola di Lampedusa (provincia di Agrigento)
Fragolina di Sciacca e Ribera
Pare che le piccole fragole coltivate ancora oggi in quest’area dell’Agrigentino derivino da piantine portate in Sicilia dai reduci di ritorno dalla Grande Guerra. Le fragoline resistettero e si acclimatarono piuttosto bene, dando origine a un ecotipo locale che ha popolato la valle del Verdura. Aromatica e molto profumata, dai frutti globosi, piccolini e di colore rosso intenso, la fragolina di Ribera ha una stagione di raccolta relativamente breve ed è molto delicata, e i suoi coltivatori sono sempre più esigui. Il Presidio Slow Food vuole far conoscere il prodotto, anche grazie a gelati e confetture.
Area di produzione: comuni di Sciacca, Ribera, Caltabellotta, Menfi (provincia di Agrigento)
Melone cartucciaru di Paceco
Le campagne di Paceco, nel Trapanese, dal mese di giugno si colmano di meloni. Precoci e molto produttivi, a inizio stagione sono protagonisti del mercato ma, a fine luglio, causa il crollo del prezzo, non è più conveniente raccoglierli. Nonostante l’elevata qualità, le vecchie varietà sono state abbandonate perché meno produttive: tra queste c’era il cartucciaru di Paceco, dalla forma allungata, con l’estremità un po’ ricurva, buccia liscia e gialla, polpa bianca e succosa. Grazie al lavoro di recupero dei tecnici della Regione e di alcuni agricoltori, il seme originario del cartucciaru è stato rimesso in campo. Il Presidio vuole rilanciarne la coltivazione.
Area di produzione: comune di Paceco e parte del comune di Trapani (provincia di Trapani)
Nicola Napoli
Il punto d’arrivo lo conosco, é il percorso che mi interessa.