L’uso massiccio del cellulare, per parecchie ore al giorno, e per un lungo periodo di anni, può avere «un ruolo almeno concausale» nella genesi di alcuni tumori dei nervi cranici. La Cassazione, con la sentenza 17438 della Sezione lavoro, ha dato così torto all’Inail che non voleva riconoscere il rischio “lavorativo” – e il conseguente diritto alla pensione per malattia professionale – per l’uso del telefonino e del cordless. Inoltre la Suprema Corte ha riconosciuto la «maggiore attendibilità» degli studi epidemiologici indipendenti rispetto a quelli «cofinanziati dalle stesse ditte produttrici di cellulari».
Con questa decisione la Suprema Corte ha respinto il ricorso con il quale l’Inail contestava il diritto alla rendita per malattia professionale, con invalidità dell’80%, riconosciuto dalla Corte di Appello di Brescia a favore di Innocente M., un manager che per dodici anni, per cinque-sei ore al giorno, aveva usato – per motivi di lavoro – il telefonino o il cordless sviluppando una grave patologia tumorale all’orecchio sinistro dove appoggiava il cellulare. Nonostante le terapie, anche chirurgiche, il manager aveva riportato «esiti assolutamente severi».
In primo grado, non era stata riconosciuta la “colpevolezza” del telefonino, mentre in secondo grado il verdetto era stato ribaltato.
È una storia infinita, caratterizzata da venti anni di studi e ricerche, quella che lega i telefonini cellulari alle paure e agli allarmismi sui presunti rischi di sviluppare alcune malattie come il cancro al cervello. Rischi smentiti però, ad esempio, da un ultimo studio pubblicato nel 2011 sul British Medical Journal, secondo il quale non esiste alcuna relazione tra i cellulari e l’insorgenza di tumori. Il dibattito resta però aperto, come dimostra anche l’ultimo pronunciamento della Cassazione.
Alcune ricerche hanno ritenuto i telefonini potenzialmente cancerogeni, altre li hanno “assolti” e altre ancora – come la recente ricerca Interphone, finanziata dall’Organizzazione mondiale della sanità – non sono arrivate ad alcuna certezza che l’utilizzo dei cellulari, anche prolungato, possa aumentare il rischio di tumori al cervello. Su queste basi, nel 2011, l’Oms ha definito i campi elettromagnetici come solo “possibly carcinogenic”.
Lo studio Interphone, il più grande mai effettuato sulla pericolosità dei telefoni cellulari, non è dunque riuscito a dissipare i dubbi, nonostante 10 anni di lavoro, oltre 19 milioni di euro di finanziamenti e 10mila interviste condotte in 13 Paesi.
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