Trapani, il mistero del corvo in Procura. “La metto in guardia”

<strong>Trapani, il mistero del corvo in Procura</strong>. “La metto in guardia”

Un doppio segnale: il primo giunto alla Procura di Palermo, il secondo pochi giorni dopo con una lettera ancora più precisa.

“E’ già arrivata una cosa per Lei”.

Mittente sconosciuto, destinatario Marcello Viola, capo della Procura della Repubblica di Trapani E l’ultimo segnale è quello più circostanziato e inquietante.

Marcello Viola

La vicenda è finita sul tavolo della Procura generale di Palermo retta da Ignazio De Francisci e su quello del prefetto di Trapani Marilisa Magno mentre le indagini sull’anonimo sono invece di competenza della Procura di Caltanissetta. Anonimo ma molto ben informato. Più che una minaccia la missiva sembra infatti voler aprire un canale informativo con l’ufficio della Procura.

“Io la stimo – scrive l’anonimo estensore che si avvale per la scrittura di un normografo – e voglio metterla in guardia”. Seguono una serie di analisi e informazioni, alcune riguardanti indagini in corso. L’anonimo è arrivato al destinatario poco meno di un mese fa.

Nella lettera si fa riferimento ai motivi per i quali il magistrato sarebbe pesantemente attenzionato: le indagini sull’ultimo storico latitante di mafia Matteo Messina Denaro, una rogatoria inviata dalla Procura in Vaticano per conoscere alcuni strani movimenti di denaro compiuti da un prete, attualmente sotto inchiesta, titolare di conti allo Ior, le misure di sequestro avanzate nei confronti di mafiosi e imprenditori per cifre che sfiorano i dieci miliardi di euro.

La procura trapanese non ha competenza sulle indagini antimafia, riservate alla DDA di Palermo, dove Viola però ha ricoperto in passato il ruolo di Gip sulle indagini riguardanti Messina Denaro, dando il via ad una megaretata che portò in carcere la guardia imperiale del boss di Castelvetrano, tra cui il fratello Salvatore. Un altro riferimento ad indagini in corso è quello alla rogatoria della Procura trapanese avanzata lo scorso mese di marzo in Vaticano dove, sostiene l’anonimo, “tengono i soldi D’Alì [ senatore del Pdl trapanese, sotto processo per mafia] e Matteo Messina Denaro”.
Qual è l’obiettivo di questo flusso di notizie? Lo dice chiaramente l’anonimo: “io la stimo e voglio metterla in guardia”. E aggiunge: “Come mai le è stato tolto un uomo di scorta?”. La notizia non è pubblica. E allude ad un ipotesi di sostanziale isolamento del Procuratore Viola che negli scorsi mesi è stato fatto oggetto di episodi poco chiari, come quando la sua scorta è stata seguita a forte velocità per una ventina di minuti da un auto.

Un allarme rientrato quando il conducente è stato identificato adducendo però spiegazioni non convincenti: “Non mi ero accorto dei lampeggianti né delle sirene” ha detto agli investigatori adducendo due motivi diversi per giustificare la forte velocità, “dovevo andare in aeroporto, non avevo un appuntamento a Trapani”.

In realtà l’uomo in meno di scorta è il risultato di una circolare ministeriale che priva di un agente addestrato tutti i magistrati, sostituendolo con un “semplice” autista ministeriale. L’esposto anonimo arriva in un momento molto delicato per il Tribunale trapanese.
Un avamposto, ecco come appare l’edificio di via XXX Gennaio. Un blocco di cemento armato, controlli molto severi all’entrata, gli uffici della Procura dove si entra solo su appuntamento e dopo essere stati annunciati. Un tribunale in prima linea nella provincia più a sud d’Italia, quella dove sempre più spesso si dice che “la mafia è stata sconfitta”.
Eppure in questo fortino succedono strane cose.

Un funzionario oggi indagato che per anni ha operato accessi non consentiti nel database delle indagini e delle intercettazioni. Un sistema di sicurezza che ha mostrato più di una falla: un mese fa l’ultimo episodio, qualcuno è penetrato nell’auto del Pm Andrea Tarondo, titolare delle inchieste più delicate sulla corruzione e pubblico ministero nel processo al senatore D’Alì. Nell’auto di Tarondo mani ignote hanno staccato la plafoniera e manomesso il cruscotto. Due le ipotesi: qualcuno voleva piazzare o togliere delle microspie o un rilevatore satellitare.

E adesso l’ultimo avvertimento al vertice della procura: “E’ già arrivata una cosa per Lei”.

Tratto da: l’Unità

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