L’instabilità soffia forte da Pd e Pdl

<strong>L’instabilità</strong> soffia forte da Pd e Pdl

Enrico Letta attribuisce la frenata dell’economia italiana al clima di instabilità: dunque alle polemiche attorno alla decadenza di Berlusconi e alle tensioni che accompagnano il dibattito precongressuale del Pd.

Enrico Letta Pd Presidente del ConsiglioIl premier naturalmente non può dire molto di più, anche perché le schermaglie tra Pdl e Pd potrebbero prima o poi degenerare.

Tuttavia, non si può non notare come in Germania, dove oggi si svolgeranno le elezioni politiche, potrebbe tornare per la terza volta la Grosse Koalition tra democristiani e socialisti ove Angela Merkel non dovesse ottenere la maggioranza assoluta. E ciò senza grande scandalo.

In Italia, invece, i due partiti maggiori che sostengono il governo non vedono l’ora di sbarazzarsi delle larghe intese (una versione nostrana della Grande Coalizione tedesca).

Lo esigerebbe, si dice, la fisiologia politica. Forse. Ma senza tenere nessun conto di una crisi economica che nel nostro Paese è lungi dall’essere superata e che ha fatto dell’Italia il fanalino di coda tra le economie europee avanzate.
In altre parole, berlusconiani e democratici si accapigliano attorno alla manovra (ultima frontiera: scongiurare l’aumento di un punto dell’Iva) senza produrre mai un piano organico di rilancio del sistema Italia perché il vero obiettivo non è la strategia economica ma il non lasciare spazio e meriti all’ alleato.

Per questo motivo nei giorni scorsi Letta aveva messo l’accento sulla fatica di governare in tale situazione: si taglia l’Imu e poi la si vuole reintrodurre, si danno fondi ai precari e alla scuola e poi si pensa di tornare indietro, si blocca l’Iva ma si viene tentati dal lasciarla aumentare, e il tutto senza mai aggredire il vero nodo che è l’esorbitante debito pubblico e la necessità di tagliarlo strutturalmente.

Su questo sfondo incandescente, si innesta l’annoso problema del rapporto tra politica e magistratura. Il capo dello Stato ha invitato tutti a fare uno sforzo per spegnere questa conflittualità, ma ha anche ribadito che di una riforma della giustizia c’è indubbiamente bisogno.
Giorgio Napolitano chiede in particolare alle toghe di avere un’attitudine «meno difensiva e più propositiva» su questo terreno.
Discorso delicato che suscita l’approvazione del centrodestra e la diffidenza di un centrosinistra timoroso che possa essere utilizzato come mezzo di rivincita dal Pdl.

Ma certo il presidente della Repubblica lascia intendere che la riforma non potrà rimanere in eterno su un binario morto e che una forma di disarmo bilanciato dovrà prima o poi essere trovata.

Ma i pericoli maggiori vengono per il governo dal Pd dove l’area che fa riferimento a Pierluigi Bersani tenta di sbarrare la strada della segreteria a Matteo Renzi. Guglielmo Epifani ha proposto di celebrare il congresso l’8 dicembre: a suo avviso l’obiettivo deve essere quello di rafforzare l’identità del Pd e una guida forte che riduca il peso delle correnti. Una guida che per Bersani deve lavorare alla ricostruzione del partito e non alla conquista di Palazzo Chigi.

Letta si è sganciato da questo dibattito che rischia di invischiarlo nelle sabbie mobili delle lotte congressuali. Ma è chiaro che se vincerà il sindaco di Firenze, sostenitore della vocazione maggioritaria, tutta l’impalcatura delle larghe intese sarà a rischio. Insomma, come ha lasciato capire indirettamente più volte Letta, l’instabilità non soffia solo da destra.

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