Sonia Alfano sfida Messina Denaro: “Quaquaraquà senza coraggio”

<strong>Sonia Alfano sfida Messina Denaro</strong>: “Quaquaraquà senza coraggio”

L’eurodeputata Sonia Alfano sfida Messina Denaro: «Quaquaraquà senza coraggio» Cosa Nostra dai muli al Suv.

«Matteo Messina Denaro è un quaquaraquà! Non può essere definito in altro modo uno che si nasconde, uno che non ha il coraggio di esporsi in piazza e confrontarsi con gli altri».

Sonia Alfano
Sonia Alfano

A sfidare il boss latitante di Cosa nostra è Sonia Alfano, presidente della Commissione antimafia del Parlamento europeo, parlando agli studenti marsalesi nel corso di un convegno organizzato dalla locale associazione antiracket.

La figlia di Beppe Alfano, giornalista de La Sicilia ucciso dalla mafia l’8 gennaio del 1993, ha poi spiegato come ha fatto capire ai suoi colleghi di Strasburgo che il problema delle mafie non riguarda solo l’Italia, ma quasi tutta l’Europa («La Germania è capillarmente controllata dalla ‘ndrangheta»).

Affermando che il boss camorrista Bidognetti, in carcere, le ha detto: «Onorevole, senza l’aiuto di alcuni politici, noi non saremmo riusciti a fare nulla». Al convegno, moderato dall’avvocato Peppe Gandolfo, ha partecipato anche l’ex capo della Squadra mobile di Trapani Giuseppe Linares, adesso dirigente della Dia di Napoli. Linares ha spiegato come si è evoluta la mafia in questa provincia, pur rimanendo, a differenza della camorra, una «struttura rigida e monolitica». Nell’arco di alcuni decenni, si è passati dai «campieri» che controllavano i feudi per conto dei baroni alla mafia che, anziché uccidere attirando eccessive attenzioni, trova più utile fare affari infiltrandosi nell’imprenditoria e controllando gli appalti.

Dal dorso di mulo, con coppola e lupara, al Suv.

«Nei primi anni ‘80 – ha detto Linares – il boss pentito catanese Antonino Calderone dice che il capo indiscusso della provincia di Trapani era Totò Minore. Poi, però, dalla posizione di guardiana dei feudi la mafia si affranca, si struttura e si espande, arrivando al settore ittico e a quello del vino. Inizia, quindi, a diversificare le attività, con il contrabbando di sigarette e il traffico di droga. I boss della provincia diventano i mazaresi Mariano Agate, Salvatore Tamburello e Andrea Mangiaracina. Mazaresi e castelvetranesi stringono alleanza con i corleonesi Riina e Provenzano e iniziano la soppressione fisica di tutti i boss che provenivano dal campierato e della manovalanza che si opponeva a questa annessione. Oggi, la mafia trapanese si è fatta imprenditrice, controllando supermercati (Despar), aziende di calcestruzzo e appalti. E’ la mafia borghese».

Ieri, intanto, il coordinamento provinciale di Libera ha chiesto al Comune di Marsala di «interrompere ogni rapporto di collaborazione con Filippo Sparla, che negli anni ‘80 sarebbe stato tra gli affiliati alla Loggia massonica Iside 2 ed è stato anche condannato per falso». Sparla è stato nominato dal sindaco Adamo esperto in materia di «semplificazione burocratica e dei procedimenti amministrativi», nonché presidente di Marsala-Schola.

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