In Sicilia la tratta delle schiave

In Sicilia la tratta delle schiave

Le ragazze arrivano dalla Nigeria o dall’Est con l’illusione di un lavoro e di una vita migliore.

I dati sono allarmanti. Si parla di oltre 5 mila donne, spesso ancora bambine, vittime di una forma di schiavitù sempre più radicata nell’Isola: quella del sesso. E altrettanto spaventose sono le storie di sfruttamento, che vedono protagoniste tante ragazze, che vengono in Sicilia con l’illusione di un lavoro e di una vita migliore.

sicilia_prostituzioneE, invece, finiscono su un marciapiede. È il caso di 7 giovani donne romene, costrette dal loro “capo” a vendere il proprio corpo per guadagnare, in una settimana, 40 mila euro. La stessa cifra che sarebbe servita all’uomo per celebrare il matrimonio della figlia, a distanza di sette giorni.

A conti fatti, ciascuna ragazza ha dovuto consegnare allo sfruttatore circa 6 mila euro al giorno, per una settimana, il che vuol dire almeno 20 rapporti sessuali quotidiani. Una vera e propria mercificazione del corpo.

Alle giovani donne di nazionalità romena, si aggiungono però le oltre 1.500 nigeriane, che ogni giorno sui marciapiedi siciliani, sono vittime della tratta. Solo 500 nel capoluogo. E poi le giovani moldave. Ma la lista è molto più lunga. Tra queste c’è Favour, giovane nigeriana, ritrovata carbonizzata a vent’anni nelle campagne di Misilmeri, a Palermo, due anni fa. Anche lei era arrivata nel capoluogo, con il sogno di un lavoro e di una famiglia. Per finire poi nel parco della Favorita a prostituirsi. Pochi giorni prima di morire, aveva acquistato un biglietto per Roma con il suo fidanzato palermitano, per richiedere il nulla osta alla sua ambasciata e sposarsi. Un progetto, insieme a quello di lasciare per sempre la strada, che non si è mai potuto realizzare. La stessa sorte è toccata a Loveth, altra giovane vittima nigeriana del marciapiede, trovata morta nel 2012 in via Filippo Juvara, a Palermo. Anche Bose era nigeriana e aveva 35 anni, quando è stata trovata morta nel parcheggio antistante il cimitero di Custonaci, in provincia di Trapani. Né Favour né Bose hanno ancora trovato una “giusta” sepoltura, visto che i loro corpi si trovano, rispettivamente, presso l’istituto di medicina legale di Palermo e di Trapani, a causa di cavilli e lunghi iter burocratici.

Ma esistono anche storie di riscatto. Come quella di Isoke, una giovane nigeriana arrivata nel 2000 in Italia con il sogno di trovare un lavoro. Come troppo spesso accade per queste ragazze, le cose sono andate diversamente. Ma Isoke ha detto basta. Dopo avere rischiato la vita, la giovane donna ha conosciuto Claudio, suo compagno e, adesso, entrambi aiutano e offrono sostegno alle altre vittime della tratta.

Una forma di schiavitù, quella del sesso, che cresce di anno in anno, grazie anche agli elevati fatturati, gestiti da gruppi criminali internazionali, in sintonia con la mafia locale. «Eppure – ha sottolineato Nino Rocca del coordinamento anti-tratta “Favour e Loveth” nel corso di un incontro avvenuto ieri con la stampa, presso il centro di accoglienza per migranti “Santa Chiara” di Palermo – non c’è ancora una percezione del fenomeno che risponda alla realtà. Ecco perché è necessario che vengano sollecitate le istituzioni, prima fra tutte la magistratura».

Il coordinamento, che da circa due anni opera nel capoluogo per contrastare il fenomeno della schiavitù delle giovani nigeriane, con azioni di recupero delle donne schiavizzate e di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza, ha ricordato ieri anche come il fenomeno della mafia sia riuscito a scuotere davvero l’opinione pubblica e i media soltanto dopo il delitto del generale, Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Tante domande non hanno ancora ottenuto una risposta: come fanno queste ragazze, che spesso arrivano in Italia con l’aereo, ad ottenere i visti e i documenti falsi? Quali sono i reali accordi tra la mafia locale e le organizzazioni internazionali?

«Tra omertà diffuse, complicità imposte, collaborazioni e ricadute» Rocca ha sottolineato le difficili azioni di recupero avviate, grazie alle unità di strada, nei confronti delle donne schiavizzate, attraverso i dialoghi, i confronti, le tutele e, talvolta, anche i riscatti.

Intanto, a breve, il coordinamento incontrerà la procura della Repubblica, la questura di Palermo e le forze dell’Ordine per tentare di avviare un’azione congiunta nella lotta contro il fenomeno della tratta. Nello stesso tempo, verranno avviati dei contatti con le università siciliane per dare vita a un osservatorio del fenomeno, nonché organizzati dibattiti e proiezioni nelle scuole sullo sfruttamento, i diritti violati e la dignità della persona.

Anna Clara Mucci La Sicilia

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