SchifOil. Grido d’allarme della Coldiretti: “Dall’estero olio senza tracciabilità”

<strong>SchifOil</strong>. Grido d’allarme della Coldiretti: “Dall’estero olio senza tracciabilità”

Last updated on Ottobre 2nd, 2012 at 12:27 pm

Uliveti

L’olio di oliva che consumiamo a tavola quotidianamente è più straniero che italiano. Lo afferma, fornendo delle cifre precise e inoppugnabili, la Coldiretti italiana nel corso dell’iniziativa «Per il futuro dell’olio italiano» che trova una sponda anche in provincia di Agrigento dove giovedì prossimo, in un locale di San Leone, si svolgerà un altro convegno nazionale , promosso dall’Unaprol e dalla cooperativa Asprol di Aragona, per parlare della tracciabilità molecolare dell’olio, della sua adulterazione e delle particolare etichette sulle bottiglie che quasi sempre traggono in inganno.
Se a livello nazionale il presidente dell’organizzazione professionale agricola della Coldiretti Sergio Marini afferma come «sia scandaloso che in un Paese come l’Italia che ha conquistato primati mondiali nella qualità dell’extravergine i cittadini siano costretti a consumare, con l’inganno, prodotti scadenti ottenuti spesso mescolando prodotti di origine diversa e di paesi i più variegati», a livello provinciale il direttore della Coldiretti di Agrigento Achille Ribolla afferma che «perfino la provincia agrigentina, con la sua ricca e pregiata produzione di olio extravergine di oliva, potrebbe subire già a breve scadenza la concorrenza di un prodotto certamente adulterato come hanno dimostrato recentemente gli accurati controlli dei Nas e della Guardia di Finanza».
Secondo Achille Ribolla «oggi manca sul prodotto la tracciabilità, con le dovute e obbligatorie indicazioni previste per legge, per cui si calcola che circa 8 bottiglie di olio su 10 siano illegali perché in esse mancano gli elementi di certificazione di provenienza e di trasformazione».
L’arrivo in Italia di olio di oliva straniero ha raggiunto il massimo storico di 584 mila tonnellate e ha superato la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483mila tonnellate. E’ quanto emerge da una analisi presentata dalla Coldiretti nel corso del convegno nazionale, promosso insieme a Fondazione Symbola e ad Unaprol. Il risultato del sorpasso è rappresentato dal fatto che oggi la maggioranza delle bottiglie di olio provengono da olive straniere senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori ma – sottolineano Coldiretti, Symbola e Unaprol – si assiste anche ad una forte riduzione della qualità dell’olio in vendita, oltre che a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni.
L’Italia è il primo importatore mondiale di olio che per il 74 per cento – precisano Coldiretti, Symbola e Unaprol – viene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia e il 7 per cento dalla Tunisia. Nel 2011 – continuano Coldiretti, Symbola e Unaprol – si e’ dunque verificato un ulteriore aumento del 3 per cento nelle importazioni di olio di oliva dall’estero che sono quasi triplicate negli ultimi 20 anni (+163 per cento), sommergendo di fatto la produzione nazionale, che sarebbe peraltro quasi sufficiente a coprire i consumi nazionali. Gli oli di oliva importati in Italia vengono infatti mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri dove sono state esportate 364 mila tonnellate nel 2011.
Con oltre 21 milioni di piante di olivo, la Sicilia incide per circa il 15% sul totale nazionale e si colloca al terzo posto dopo la Puglia e la Calabria. La coltura interessa una superficie di circa 157.700 ettari e rappresenta il 10% della Sau e il 53% della superficie inesitata a colture arboree. In provincia di Agrigento, secondo le fonti dell’Ismea, le aree maggiormente interessate all’olivicoltura ricadono nei territorio del comprensorio occidentale. Secondo lo schedario oleicolo nazionale in provincia si coltivano 4.194.308 piante che occupano una superficie di 24.900 ettari pari rispettivamente al 20% e al 15,8% del totale regionale.
La base varietale è costituita da poche varietà come la bianco lilla al 45-50%, la cerasuola al 15-20%, la nocellara del Belice al 15-20%, l’oglialora messinese al 5-10%, oltre a varietà minori come la giarraffa, moresca, tonda iblea, coratina e carolea. Per via della buona tecnica colturale e per le meticolose cure, la resa media annua del prodotto è di 4-5 tonnellate ad ettaro, con punte massime di 12-15 tonnellate sempre ad ettaro.
Oggi in Italia sotto accusa e’ anche la mancanza di trasparenza visto che quattro bottiglie di olio extravergine su cinque in vendita in Italia contengono miscele di diversa origine, per le quali e’ praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate, secondo una indagine realizzata dalla Coldiretti. E questo nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte «miscele di oli di oliva comunitari». Non e’ un caso che secondo una analisi Coldiretti/Eurispes che il 19,1 per cento dell’olio extracomunitario, importato in Italia nel 2010, è stato destinato alla provincia di Lucca, mentre il 10,1 per cento è andato alla provincia di Genova dove si trovano importanti stabilimenti di imbottigliamento.

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