L’oro bianco. Dalle saline grandi opportunità economiche, energetiche e turistiche

<strong>L’oro bianco</strong>. Dalle saline grandi opportunità economiche, energetiche e turistiche

Si sappia che il valore economico del sale marino non sta, sic et simpliciter, nella sua produzione – che in Italia e in Sicilia ha tradizionalmente grande rilevanza – ma le sue potenzialità sono legate alla biodiversità dei luoghi dove le saline si trovano.

Marsala_SalineDice il prof. Giacomo D’Alì Stati, presidente della So.salt spa, eredità della famiglia e azienda di maggiore produzione tra Marsala e Trapani, presidente di AtiSale e professore di fisica all’Università di Palermo: «Le saline sono un laboratorio a cielo aperto di biodiversità: per la tutela delle specie faunistiche differenti, per le potenzialità che possono dare al settore turistico oltre ad essere fonti, ante litteram, di energie rinnovabili».

Un mondo produttivo che, da oggi e per tre giorni, alle Saline Ettore Infersa di Marsala, verrà esplorato da accademici, scienziati, politici, esperti, rappresentanti di imprese europee e organizzazioni non governative, delegati provenienti da tutto il mondo riuniti per affrontare le tematiche legate al sale marino e alle sue sorprendenti risorse.

Esperienze a confronto rese possibili grazie a EuSalt, l’Associazione Europea di Produttori di sale, senza scopo di lucro, che per festeggiare il decimo anniversario della nascita, ha scelto la Sicilia. È la seconda seconda volta che l’Italia è sede di convegni, incontri e studi specialistici, la prima fu nel 2006, a Roma.

«È un evento di grande importanza – sottolinea Giacomo D’Alì – perchè gli impieghi sono moltissimi e le fonti di reddito vanno in diverse direzioni». Ma avverte: «Restano sempre fortemente legate alla produzione, per questo è necessario continuare a coltivare il sale, se si abbandonano diventano paludi e con caratteristiche molto diverse».

Riconosciuta la stretta dipendenza tra saline marittime e biodiversità, poco note e sottovalutate sono le grandi opportunità economiche che scaturiscono dall’insieme. «Ecco perchè la condivisione dei temi tra esperti provenienti da tutto il mondo – ci saranno ospiti e osservatori americani, cinesi e di alcuni Paesi africani – possono portare alla realizzazione di progetti di eco-turismo, alla realizzazione di musei con connesse attività culturali, produzione di energia da fonti rinnovabili, attività termali».

Oltre all’Italia, Grecia, Francia, Spagna, Portogallo, Germania sono produttori di sale marino; molti di più quelli che producono sale minerale. Giacomo D’Alì presidente della “parte” italiana dell’Associazione europea di produttori, sottolinea: «Dopo la grave crisi che ha coinvolto le saline negli anni ’60 e ’70, è tempo di ragionare in termini diversi. In collaborazione con l’Università di Palermo, alla Salina Ettore Infersa, abbiamo installato un prototipo in grado di produrre energia dall’acqua, a seconda del grado di salinità. È un esempio di impiego delle saline, in futuro».

In tutta l’area del Trapanese, da Marsala a Trapani e a Paceco, le saline si estendono in una distesa molto vasta (ottocento ettari sono solo di proprietà So.salt) e si producono circa 100 mila tonnellate di sale l’anno (10-15 mila arrivano dai piccoli produttori rimasti, il resto è della So.salt). Il sale viene esportato in tutto il mondo con un occhio particolare agli Stati Uniti.

«Il 90 per cento della raccolta è meccanizzata, si utilizzano tecniche moderne – riprende Giacomo D’Alì – Oggi otteniamo un’ottima produzione dal punto di vista qualitativo, direi eccezionale. E non va dimenticato che alla produzione nella nostra area è stata riconosciuta l’Igv, l’Indicazione geografica protetta».

Le tecniche produttive, invece, restano quelle della tradizione: dalla canalizzazione nelle diverse vasche, all’evaporazione e alla cristallizzazione nel rispetto rigoroso dell’ambiente. Solo la raccolta e il confezionamento rispondono alla evoluta meccanizzazione, pochi sono i salinai rimasti che raccolgono a mano dopo aver rotto la crosta con pali frantumatori, nella maggior parte dei casi le macchine raccoglitrici entrano nelle vasche tagliano e raccolgono la crosta di sale.

«Da una ventina d’anni le norme europee obbligano a produrre sale iodato, al sale raccolto va aggiunta una percentuale di iodio perchè il prodotto è riconosciuto come veicolo di assunzione di iodio», conclude D’Alì.

Oggi, con il convegno «The Economic Value of Biodiversity in Solar Saltworks» si aprono i lavori, domani si andrà avanti ragionando sulle nuove prospettive e sfide per l’industria europea del sale alla presenza del sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe Castiglione e l’ultimo giorno si parlerà di sicurezza in ambito lavorativo. mariza d’anna la sicilia

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