Ricorso collettivo al Tar per frenare “l’attacco delle trivelle assassine”

Ricorso collettivo al Tar per <strong>frenare “l’attacco delle trivelle assassine”</strong>

Quasi una “class action” di ambientalisti, pescatori e amministrazioni contro lo Sblocca Italia.

Il mare blu siciliano fa gola alle maggiori compagnie petrolifere internazionali e gli ambientalisti presentano ricorso al Tar per frenare «l’attacco delle trivelle assassine».

Greenpeace_Palermo_Trivelle_SiciliaUn mare, in gran parte incontaminato e colmo di riserve naturali che, invece, viste le numerose richieste di estrazione, potrebbe diventare nero.

Secondo Legambiente è in corso un vero e proprio assalto al mare siciliano da parte delle compagnie petrolifere, con 12.908 kmq di mare interessati dai 5 permessi di ricerca già rilasciati e da altre 15 richieste di concessione, ricerca e prospezione avanzate.

Ieri è stato presentato un ricorso al Tar del Lazio per bloccare il progetto che prevede la creazione di otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa tra Gela e Licata.

Lo hanno presentato Greenpeace, Wwf e Legambiente assieme a Lipu Birdlife Italia, Italia Nostra, Touring Club Italia, Legacoop Pesca Sicilia, Anci Sicilia e i Comuni di Licata, Ragusa, Scicli, Palma di Montechiaro e Santa Croce Camerina. Tutti contrari al decreto 149/14, emanato dal ministro dell’Ambiente, che sancisce la compatibilità ambientale del progetto “Off-shore Ibleo” di Eni.

«È la prima volta che un fronte così ampio si schiera compatto contro le trivellazioni off-shore, confermando che la tutela del mare – affermano in una nota – e la volontà di seguire una strada ben diversa da quella fossile intrapresa dal governo e confermata con le forzature normative contenute nel cosiddetto decreto legge Sblocca Italia che, anche contro il dettato costituzionale, emargina gli enti locali e inibisce la partecipazione dei cittadini».

Ad essere interessati all’oro nero siciliano sono Assomineraria, EniMed, Edison e Irminio Srl che hanno firmato un accordo per un impegno di investimento delle società petrolifere di circa 2,4 miliardi di euro per portare avanti le attività con particolare riferimento all’area marina di fronte la costa ragusana e a terra, sempre nella provincia di Ragusa. Tra le ultime richieste presentate in Sicilia, due sono quelle relative alle attività di prospezione, cioè la prima fase di indagini per individuare le aree di maggior interesse su cui avviare le ricerche.

Quella di Schlumberger Italia per un’area di 6.380 kmq che interessa il mare nella zona a largo di Agrigento e di fronte la costa orientale di Pantelleria. A queste si aggiungono poi tutte le altre già presentate in precedenza. Alcune di queste, come quella della Transunion Petroleum di fronte il territorio ragusano, sono molto vicine alla costa. Gli ambientalisti segnalano che oltre alle piattaforme attive Gela 1, Gela Cluster, Perla e Prezioso, di proprietà della società Eni Mediterranea Idrocarburi, e Vega A, di proprietà di Edison, rischiano di aggiungersene altre 4 in fase di valutazione di impatto ambientale. Due nel tratto di mare antistante Licata e Palma di Montechiaro e una di fronte la costa meridionale di Pantelleria, dove è già stato rilasciato anche un permesso di ricerca per 657 kmq di area marina. Oltre a queste c’è poi il progetto di ampliamento dell’attività estrattiva accanto alla piattaforma Vega A di Edison, a largo di Pozzallo, con un secondo impianto denominato Vega B.

«Dopo il vergognoso voltafaccia della Regione Siciliana e le manovre del governo per estromettere i territori da queste decisioni, è fondamentale – proseguono i promotori della protesta – che si crei un movimento sempre più ampio che blocchi il folle piano di Renzi di trivellare i nostri mari, per estrarre gas e petrolio che basterebbero all’Italia solo per pochi mesi».

Le associazioni ambientaliste evidenziano come «l’aver presentato ricorso proprio ora è fondamentale. Prima di tutto perché il progetto off-shore Ibleo è il primo nel Canale di Sicilia ad aver ricevuto parere positivo dal ministero, nonostante una valutazione davvero carente e inaccettabile, come denunciato da Greenpeace nei mesi scorsi».

«Il timore – continua la nota degli ambientalisti – è che, visti i numerosi procedimenti di Valutazione d’Impatto Ambientale (Via) in corso, si proceda nello stesso modo per tutte le altre richieste avanzate dai petrolieri nel Canale, almeno 14 al momento, in linea con una decisione centrale di puntare tutto sulle energie fossili».

Legambiente inoltre, evidenzia come l’estrazione del petrolio in Sicilia sia già notevole: nel 2013 la quantità di petrolio estratta è stata di 1.015.694 tonnellate, il 18,5% della produzione nazionale (corrispondente a circa 5,5milioni di tonnellate di greggio): «Perché continuare a offendere ancora la costa siciliana? ».

Onorio Abruzzo de La Sicilia 20/09/2014

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