Sindaci siciliani, sceriffi del gioco d’azzardo

Sindaci siciliani, sceriffi del gioco d’azzardo

Saranno i sindaci dei comuni della Regione Sicilia ad avere il potere di intervenire all’interno del proprio territorio per contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo. È quanto prevede il recente disegno di legge che la presidente della commissione Salute, Margherita La Rocca Ruvolo, presenterà nei prossimi giorni all’attenzione dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Il ddl “Disposizioni di legge contro il gioco d’azzardo per la protezione dei minori e le dipendenze patologiche”, ha l’obiettivo, secondo quanto dichiarato dalla sua promotrice, di porre un freno alla diffusione del gioco d’azzardo, legale e illegale,tutelando i soggetti più a rischio come i minori,e affidando il controllo e la gestione della materia ai consigli comunali e ai primi cittadini.

Quello del gioco d’azzardo, in Italia e nella nostra regione, è un mercato in continua espansione e che non sembra risentire della crisi economica. Secondo gli ultimi dati ufficiali aggregati, che risalgono al 2016, in Italia si sono spesi per giochi con vincita in denaro come gratta e vinci, slot machine, lotterie e scommesse sportive quasi 96 miliardi di euro. L’80% di questa cifra (77 miliardi di euro) è stato ridistribuito in vincite mentre lo Stato ha incassato 10,5 miliardi di euro come tributi e concessioni. Il resto, più di 9 miliardi, rappresenta il fatturato del settore.Le proiezioni per il 2017 non solo confermano l’andamento, ma parlano addirittura di uno sfondamento della quota 100 miliardi di euro (102 per la precisione) nella raccolta complessiva del comparto. In Sicilia, sempre nel 2016, sono stati spesi in gioco d’azzardo 4,2 miliardi di euro.

A fronte dei più che positivi risultati economici del settore, ci sono da considerare i costi sociali determinati, da un lato, dalla diffusione dei fenomeni di gioco patologico e, dall’altro, dal continuo tentativo da parte della criminalità organizzata di inserirsi in un mercato tanto ricco di facili profitti.

A detta del ministero della Salute, in Italia ci sarebbero quasi 900 mila persone considerate giocatori patologici o a rischio, sebbene siano appena 7 mila quelli in cura nelle strutture sanitarie. Secondo alcuni calcoli, che si riferiscono però a qualche anno fa, tra spese sanitarie, ricadute sulla disoccupazione, questioni legali e conseguenze nei rapporti familiari, ammonterebbero a quasi tre miliardi di euro i costi sociali determinati dal gioco patologico ogni anno in Italia.

Sulla questione dei rapporti tra criminalità organizzata e gioco illegale, è la cronaca quotidiana a comprovarne la gravità e la rilevanza sociale. Sequestri di beni, confische per decine di milioni di euro e denunce a imprenditori legati ai clan mafiosi si registrano in tutta le province della Sicilia, ma anche a livello nazionale. E una recente ricerca curata da Filippo Torrigiani, consulente della Commissione Parlamentare Antimafia e significativamente intitolata “Sporco gioco, gioco sporco. L’azzardo secondo le mafie”, non fa che confermare la presenza massiccia e capillare dei clan nel settore. Ma, avverte Luciano Violante nell’introduzione alla ricerca, “Chi gioca illegalmente è come se pagasse una tassa alla mafia che non è una idea astratta, né una piovra immaginaria. La mafia è fatta di uomini, armi, soldi, relazioni sociali, economiche e politiche”.

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