L’Alto Belice Corleonese. Ci riempie gli occhi con i suoi paesaggi brillanti

<strong>L’Alto Belice Corleonese</strong>. Ci riempie gli occhi con i suoi paesaggi brillanti
Ficuzza Reggia

Ecco che giunge l’inverno e il Natale, e mentre la nostra razionalità ci suggerisce di cominciare a darci da fare ed iniziare per tempo l’acquisto dei doni, ecco che il nostro cuore è già alla ricerca di altri orizzonti, di luoghi e di tempi in cui ritrovare l’effetto dirompente di una felice giornata da dedicarci completamente. Per fare questo sono due gli ingredienti indispensabili: la soddisfazione dello spirito e quella dello stomaco.

La strada, a questo punto, è un percorso obbligato: si va nell’Alto Belice Corleonese! Allungato al centro della Sicilia, il territorio dell’Alto Belice ci riempie gli occhi con i suoi paesaggi brillanti da qualunque parte decidiamo di volgere allo sguardo, e, se giunge l’ora di soddisfare le nostre necessità più “golose”, ecco un paio di consigli che vi possono suggerire piacevoli gite fuori porta. Ad esempio, quando è stata l’ultima volta che avete fatto merenda con fette di pane cotto a legna condite con l’olio di oliva? Non quello che affolla i supermercati, ma l’olio Dop extravergine d’oliva “Val di Mazara” che si produce e in tutti i paesi dell’Alto Belice Corleonese. Anche il pane è buono ovunque da queste parti, ma se volete assaggiare delle vere specialità vi possiamo indicare il pane di Monreale, di Piana degli Albanesi o quello di Marineo.

Sono pani che hanno una diversa consistenza, con la crosta più o meno croccante e con la mollica più o meno compatta, ma è sicuro che, presi caldi in un qualunque panificio, si apriranno con la loro impareggiabile fragranza che, con un filo d’olio sopra, magari arricchito dall’aggiunta di un po’ di ricotta fresca, trasformerà questo “pasto frugale” in una vera leccornia. Visto poi che l’inverno è il periodo in cui più forte si fa sentire la golosità, il desiderio di dolcezza, ecco che, per chi preferisce il dolce, l’Alto Belice ha in serbo un tesoro prezioso, il miele di nespolo, dal profumo delizioso come questo frutto delicatissimo, dalla buccia vagamente coriacea e la polpa morbida e sugosa. Il nettare degli dei che in ogni mito, leggenda, fiaba è quanto di più buono un uomo possa desiderare, qui è sempre integrale, genuino ed esprime tutto l’armonico equilibrio fra i profumi della natura che solo un’ape è in grado di produrre … Per avere conferma del fatto che qui si vive in un mondo ben diverso da quello tecnologico delle grandi città, basta andare in giro per campagne, dove si finirà per incontrare il contadino o il fattore pronti a riempire le vostre sporte di frutta raccolta dall’albero o di latte appena munto. A questo punto è doverosa una parentesi: siamo a dicembre, è vero, ma il pensiero corre giù al tepore della primavera e al calore dell’estate. Tornerete qui, ne siamo certi, e allora non dimenticate di fare scorta delle susine di Monreale, che proprio recentemente sono state inserite fra i presidi Slow Food, e delle carnose ciliegie di Chiusa Sclafani. Due prodotti che, sebbene in questo momento siano fuori stagione, meritano qualche parola in più.

Le susine sono fra i prodotti tradizionali della Conca d’Oro. Una volta si usava conservarle, dopo l’estate, in un leggero involto di carta velina, dopo l’estate, in un leggero involto di carta velina, una per una, perché, pur raggrinzite, conservassero intatti profumo e sapore fino a natale. L’istituzione del presidio mira non solo a una migliore commercializzazione di queste susine, ma anche al ripristino della tradizione dell’incartatura dei fruttini ai quali, per la loro aromaticità e sapore, si attribuiva la capacità di dare piacere perfino allo spirito (da qui il nome di una varietà, “Sanacore”, alla quale si affianca l’ariddu di core, vale a dire “seme a cuore”, dalla forma). Le ciliegie, che non sono in verità un frutto tipicamente siciliano, nella zona intorno a Chiusa Sclafani trovano tuttavia un microclima molto particolare che ne consente la crescita e la maturazione – con risultati sorprendenti. Le cultivar sono due, la cappuccia e la moscatella, entrambe sode e dalla polpa scura, saporita e profumata. La caratteristica vincente, tuttavia, è la durata del prodotto: queste ciliegie, una volta colte, rimangono intatte a dieci giorni.

Grazie alla sua particolare qualità, la ciliegia di Chiusa Sclafani è inserita nell’elenco dei prodotti tipici della Regione Siciliana, un riconoscimento simile al DOP o all’IGP. Ma torniamo alla nostra passeggiata dicembrina. Se volete portare a casa qualche souvenir, accanto alle classiche “latte” d’olio non può mancare un po’ di pane locale, che oltre a essere buono ha il vantaggio di conservarsi anche per una settimana, da scegliere nella caratteristica forma allungata (a Monreale) o tonda (quella del buka di Piana degli Albanesi) o nella via di mezzo del “filone ciccione” (Marineo). Senza trascurare le altre prelibatezze “da forno”: i biscotti. Non c’è panificio che non esponga gli algerini, biscotti tondi, con i bordi smerlati e rivestiti dallo zucchero a velo, o le profumatissime reginelle, bastoncini lunghi tre, quattro centimetri e ricoperti di sesamo. Tipici della zona anche i biscotti farciti di confettura di fichi, e i buccellati, un prodotto a metà tra la pasticceria e il biscotto che nel periodo natalizio sposa forme tra le più disparate.

Tutto questo mangiare ha fatto venir sete. Poco male, siamo nella zona di produzione del vino appartenente alla Doc Monreale, una delle migliori siciliane. Rossi, bianchi, e rosè di gran classe, gusto pieno, corposo, profumato e sapore rotondo. Per i dolci e per il secondo, per la merenda, per il pranzo e per la cena. E, perché no, anche per l’aperitivo. San Cipirello e San Giuseppe jato, così ricche di cantine sociali, vi lasceranno solo l’imbarazzo della scelta, così come tutti gli altri paesi dell’Alto Belice Corleonese. Per accompagnare il vino, la scelta cade stavolta sul formaggio. Se Piana degli Albanesi è famosa per la ricotta (vedi i suoi canojet, i cannoli con la cialda più buona del mondo), Godrano lo è per il caciocavallo “palermitano”, il formaggio a pasta filata già famoso nel Quattrocento, tanto apprezzato e valutato che, con il passare del tempo, si è trasformato in “moneta” di scambio prima (con le forme di caciocavallo si pagavano persino gli affitti e si saldavano i debiti), in prodotto da esportazione poi. Poco lontano da qui, nella piccola Contessa Entellina, troviamo un altro formaggio unico nel suo genere: la vastedda del Belice, unico formaggio ovino a pasta filata, sembra sia stato realizzato per la prima volta per puro caso, rilavorando una partita di pecorini difettosi. Il sapore e la consistenza molto speciali, la tipicità della lavorazione hanno fatto sì che anche questo formaggio venisse inserito fra i presidi Slow Food. Inoltre è in corso la pratica per il riconoscimento dell’IGP. Infine, visto che siamo in tema di prodotti unici, un cenno va anche a un altro formaggio squisito: il Fiore Sicano. Prodotto esclusivamente fra questi monti, per trovarlo potete andare a Palazzo Adriano o a Prizzi.

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